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XIX Congresso CGIL: dalle parole ai fatti

  • 20
    2023
    Mar
    12:09 pm
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Dopo un lungo percorso iniziato ad ottobre dell’anno scorso, sabato 18 marzo si è concluso il XIX congresso della Cgil nazionale.

Roberta Turi, Maurizio Landini, Laura Baldi

Ho avuto modo di partecipare come invitata insieme a Laura Baldi, rappresentante sindacale di un’azienda dell’information technology di Milano, che era delegata: abbiamo trascorso insieme quattro giornate intense al Palacongressi di Rimini tra interviste, dibattiti, polemiche e contestazioni.

Ho seguito con attenzione quanto previsto dal nutrito programma, a partire dalla lunga relazione del segretario Maurizio Landini e dai tanti interventi dei delegati e delle delegate.
Mi sono appassionata e divertita durante l’incontro politico moderato da Lucia Annunziata: oltre al segretario generale della Cgil si sono confrontati  i “big” di quei partiti o movimenti che, in Parlamento, si oppongono al governo di Giorgia Meloni: Carlo Calenda, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Elly Schlein. Ho apprezzato il bel discorso della ministra del Lavoro spagnola, Yolanda Diaz.

Madnack Dan – Presidente Assemblea generale FIOM-CGIL

E, infine, ho cercato di mantenere un sano distacco emotivo nel corso dell’intervento della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dopo aver, invece, applaudito fino a spellarmi le mani il bravissimo delegato migrante che ha parlato prima di lei, Madnack Dan, il presidente dell’assemblea generale della Fiom.

Questo congresso della Cgil è stato, più che in altri anni, una vera e propria kermesse e ha avuto una vasta risonanza mediatica: se ne è parlato molto fuori di noi, oltre che all’interno dell’organizzazione.

Ma che cosa ci consegna questo congresso?
Cosa dovremo fare tutti insieme, noi della Cgil, per cambiare lo stato attuale delle cose e rispondere ai bisogni di chi è iscritto, allargando il nostro consenso per intercettare quei tantissimi, soprattutto i giovani, che non vedono nel sindacato un punto di riferimento?

Giorgia Meloni, che ha accettato di confrontarsi con la Cgil a Rimini, ha riconfermato in toto le sue scelte e la sua impostazione. Non c’è alcuna convergenza tra noi e chi è al governo; e ci mancherebbe, vista la provenienza di chi siede a palazzo Chigi. Dovremo contrastare con tutte le nostre forze la riforma fiscale, la legge sull’autonomia differenziata delle regioni che il governo intende portare avanti, così come tutti i provvedimenti che mireranno a farci arretrare ulteriormente su temi come gli appalti e la precarietà.
Ci dobbiamo preparare ad un periodo molto complesso: dovremo mettere in campo una mobilitazione, possibilmente unitaria, per far cambiare idea al Governo. Ed è evidente che chi è all’opposizione, pur condividendo molte istanze con noi, è ancora debole, nonostante l’elezione, a sorpresa, di Elly Schlein a capo del Partito Democratico, che ha sparigliato le carte e ridato vigore alla sinistra.

Era proprio necessario invitare Giorgia Meloni per vedere confermata la sua visione e la sua indisponibilità a mediare con il sindacato?
C’è chi dice che fosse una scelta quasi obbligata e chi ha sostenuto che si poteva e si doveva evitare. Io penso che la sua partecipazione al congresso non fosse necessaria.
A chi dice che i Presidenti del consiglio siano stati sempre invitati, obietto facendo notare che si può sempre cambiare impostazione: non dobbiamo necessariamente ripercorrere tutto quello che è stato già fatto, se non è utile. Credo infatti che la visita della Presidente del Consiglio abbia prodotto una grande distrazione di massa, distogliendo l’attenzione dal vero senso di questo Congresso. 
Chi fa informazione si è concentrato sulla stola indossata dalla leader della minoranza Cgil Eliana Como, su cui aveva scritto “Meloni pensati sgradita”, scimmiottando Chiara Ferragni a Sanremo. Si sono ingigantite le poche contestazioni avute in sala o i timidi applausi suscitati dalla condanna della premier all’assalto della sede della Cgil. Della nostra discussione, invece, si è parlato molto poco; anche nel Congresso dopo di lei tutti i delegati e le delegate hanno voluto darle una risposta. Io credo che l’unica risposta che dobbiamo darle siano i fatti, non le tante parole spese.

Da tempo mi interrogo sull’utilità di far parlare ai nostri congressi i rappresentanti della politica e delle istituzioni. Non potremmo solo invitarli ad ascoltare, piuttosto?
Me lo chiedo perché, ad esempio, ho trovato sopra le righe anche il presidente dell’Emilia Romagna Bonaccini, che nei giorni scorsi ha visto tramontare l’ipotesi di diventare segretario del PD: nel suo lungo intervento al congresso ha voluto dimostrare a tutti i costi che il vero interlocutore del sindacato è lui e non altri. Lui ha portato i fatti, la Schlein invece…

Certo, non ci siamo annoiati, ma non sono convinta che questo tipo di visibilità ci abbia rafforzati. Credo, piuttosto, che rischi di mettere in luce la nostra debolezza, perché non riuscendo ad accreditarci attraverso le nostre azioni e le nostre vertenze, miriamo a queste operazioni di immagine.
Al di là di queste personalissime considerazioni credo che ora dobbiamo avere la capacità di essere conseguenti rispetto agli obiettivi che ci siamo dati. C’è in discussione il futuro stesso del paese e non ci sono scorciatoie possibili.

Maurizio Landini, nelle sue conclusioni, ha spiegato chiaramente quali rivendicazioni dobbiamo mettere in campo, in conseguenza della discussione che abbiamo fatto. C’è la necessità di avere una politica contrattuale comune con alcuni elementi strategici che dobbiamo portare avanti nei rinnovi contrattuali:  la questione salariale, con la necessità di difesa e aumento del potere d’acquisto; la lotta alla precarietà; la riduzione degli orari di lavoro. Su questi tre elementi dobbiamo aprire vertenze nazionali, territoriali, aziendali.

Nelle prossime settimane si terrà un’assemblea di delegate e delegati di tutte le categorie che definirà come realizzare le piattaforme, affinché ci sia coerentemente continuità tra ciò che diciamo e ciò che facciamo.

Michele De Palma – Segretario generale FIOM-CGIL

Al congresso ho apprezzato molto l’intervento di Michele De Palma, segretario generale della Fiom. Lui ha sostenuto una cosa che condivido pienamente: per affrontare il carovita è necessario intervenire sul fisco, ma c’è anche un terreno contrattuale che non possiamo eludere e dimenticare.
Se dobbiamo contrattare i salari andando oltre il valore dell’IPCA, dobbiamo ricordarci che il nostro interlocutore naturale, come sindacato dell’industria, è il mondo delle imprese. Pensiamo veramente di riuscire a modificare il Patto della fabbrica solo nella discussione con Cisl e Uil?
No, per prima cosa ci dovrebbe essere un patto di solidarietà tra le categorie: dobbiamo provare ad elaborare delle piattaforme per i prossimi rinnovi contrattuali che contengano quegli elementi che per noi sono strategici. La destra sta costruendo un’egemonia culturale nel paese e toglie risorse agli uni per dare agli altri, quelli che vuole sostenere. Mentre loro cercano di contrapporre il nord con il sud; chi è precario con chi è a tempo indeterminato; il lavoro con l’ambiente, noi dobbiamo uscire da questo congresso dicendo che l’unità confederale è l’unico antidoto al rischio che la cultura anticostituzionale di chi oggi governa questo paese diventi maggioranza.

Maurizio Landini – Segretario generale CGIL

Maurizio Landini è stato rieletto segretario generale della Cgil con il 94,2% dei voti. Lo aspetta un secondo mandato che terminerà tra quattro anni. Concludendo il congresso, ha detto: “Cos’è la confederalità?
Per me la confederalità non è un’etichetta. Non sono confederale perché ho la felpa della Cgil, non è quello che dici o il ruolo che hai. La confederalità è quello che concretamente fai tutti i giorni, che fai nell’azione contrattuale. Confederalità è avere la capacità, in ogni luogo in cui sei, di unire le persone.”

Maurizio Landini ha ragione, abbiamo una grande responsabilità e dopo questo lungo percorso congressuale dobbiamo smettere di parlare ed agire con coraggio, tutti insieme!