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Appuntamento con la pace

  • 02
    2022
    Nov
    2:26 pm
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In questi giorni si stanno svolgendo le assemblee di base per il congresso della Cgil.
Io sono solita iniziare a parlare del nostro documento programmatico partendo dal tema della guerra in Ucraina, che ha la priorità su tutto: provo a scuotere la platea di lavoratrici e lavoratori che ho di fronte, spiego quella che è la nostra posizione e li invito a partecipare alla manifestazione del 5 novembre a Roma.

La Cgil ne è promotrice, insieme a tante altre organizzazioni, e i congressi sono un’opportunità per convincere le persone a partecipare.
Fino ad ora non è mai accaduto che qualcuno dei nostri iscritti, nelle assemblee, abbia messo in discussione la nostra impostazione: come Cgil abbiamo immediatamente condannato l’aggressione della Russia, ma siamo sempre stati contro l’invio di armi ed a favore della ricerca di un negoziato da parte dell’Italia, di tutta l’Unione Europea e delle Nazioni Unite, per fermare l’escalation e raggiungere l’immediato cessate il fuoco.
Del resto solo un italiano su quattro crede che si debba continuare con l’invio di armi a Kiev. Lo dice l’Ipsos nel suo 24° monitoraggio, che risale alla metà di ottobre, sul cosiddetto “sentiment” dell’opinione pubblica relativamente alle ultime notizie della guerra Russia-Ucraina. E il livello di preoccupazione degli italiani per questo conflitto resta molto alto: solo un italiano su dieci non si definisce preoccupato.
Le rinnovate tensioni fanno aumentare il numero di chi pensa che le ostilità si estenderanno anche ad altri Paesi: è ormai un italiano su cinque a credere che ci stiamo avvicinando a una guerra mondiale. La minaccia nucleare riprende a preoccupare, infatti, e l’uso dell’atomica è ritenuto probabile da un intervistato su tre.
Quindi la scelta fatta dal governo italiano di inviare armi all’ucraina e di aumentare le spese militari, tuttora, non è condivisa dalla maggior parte degli italiani. Anche il nuovo governo di Giorgia Meloni, in continuità con il governo precedente, si sta preparando al sesto invio di armi e ha rinforzato il suo legame con la Nato, che ha un rapporto privilegiato con il governo Zelensky.
La maggior parte del paese continua ad essere inascoltata e nessuno se ne preoccupa. Sembra che questo largo dissenso non sia importante, che sia quasi un dettaglio.
E, a proposito di dissenso, forse è utile ricordare che se la Russia è un regime autoritario e antilibertario, l’Ucraina di Zelensky, a sua volta, non è sicuramente un faro di democrazia: proprio nei giorni scorsi ha completato l’interdizione dei 12 partiti d’opposizione, di cui l’ultimo è stato il Partito Socialista. Inoltre, per quanto riguarda i diritti sindacali, si sta approfittando della legge marziale in vigore in questo periodo, che vieta di fare sciopero e di manifestare, per fare a pezzi il Codice del lavoro ucraino.
Oltre che di porre fine alla guerra avremmo bisogno, tutti, di riprenderci uno spazio politico, oggi inquinato da fiumi di propaganda e da interessi incrociati.
Il 5 novembre manifesteremo per chiedere una pace giusta basata sull’autodeterminazione del popolo ucraino, sia nei territori controllati dall’Ucraina che in quelli temporaneamente occupati, che può realizzarsi solo garantendo i diritti e le libertà fondamentali.
Dobbiamo farci ascoltare, provando a scardinare quella falsa informazione che demonizza l’opinione di chi la pensa diversamente. Dobbiamo rendere evidenti le contraddizioni di chi pensa che alimentando la guerra si possa raggiungere la pace. Come Cgil pensiamo invece che si debbano far tacere le armi e dare la precedenza ai negoziati. Dobbiamo provare a fermare questa strage di innocenti, dobbiamo agire la democrazia, di cui oggi siamo privati, riempiendo lo spazio fisico delle nostre città, dei nostri territori.

Pace, diritti, democrazia“: per tutto questo scenderemo in piazza a Roma, il 5 novembre: sarà una manifestazione di popolo, di quelli che sanno che esiste un altro modo, un’altra soluzione.

Fermiamo questa guerra, tutti insieme.