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L’ombra lunga del tentato golpe brasiliano

  • 19
    2023
    Gen
    12:20 pm
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In questi giorni tutti i media si sono impegnati a cercare di spiegare le premesse e i retroscena del tentato golpe in Brasile, la domanda che si pone ore e che si pongono anche movimenti e forze politiche che hanno sostenuto la corsa di Lula è come cambia lo scenario per il futuro governo Lula. 
Lula esce rafforzato o indebolito da questo evento? 

Teniamo per il momento in sospeso la risposta a questa domanda, e lasciando ad analisti ed esperti le considerazioni sulla divisione e polarizzazione della società brasiliana e sulle forze che sono state protagoniste del tentato golpe, militari in testa, vorrei concentrare  l’attenzione sullo scenario politico e sulle condizioni in cui si troverà ad operare il governo Lula per portare avanti la sua agenda politica e le istanze di cambiamento e di riforme sociali attese dalla sua base elettorale, fra cui i lavoratori organizzati nella Cut sono una componente fondamentale.

Ho chiesto a un protagonista del movimento sindacale brasiliano come Joao Cayres, già segretario generale del sindacato metalmeccanico e della Cut dello stato di San Paolo, di aiutarmi a capire quali sono le prospettive che si aprono per Lula e per il suo governo.

Innanzitutto i numeri del nuovo parlamento, il più a destra di sempre dal 1985 (fine della dittatura militare). Il Partito Liberale di Bolsonaro con 99 seggi alla camera e 14 senatori è il principale partito in entrambe le camere.  Su 513 seggi alla camera, la coalizione elettorale di Lula PT-PCdB-PV ne ha 80 e anche aggiungendo gli altri 2-3 partiti che si possono considerare di (quasi) sicuro appoggio al Governo arriviamo a 125, mentre al senato la situazione è meno chiara ma comunque i voti relativamente sicuri per i governo non arrivano a 20 su 81 senatori. 

Con questi numeri è chiaro che Lula non ha una maggioranza su cui contare e dovrà negoziare con un fronte di almeno 10 partiti (secondo Cayres) i voti che saranno necessari per ogni provvedimento. 

Se oltre a contare il numero dei parlamentari guardiamo a come e da chi sono stati eletti vediamo che questo negoziato dovrà fare i conti non solo con le aspettative e le ambizioni dei singoli parlamentari, ma anche con quelle delle lobbies di cui sono espressione come: la potente rete delle chiese evangeliche, le realtà dell’agroindustria, l’oligarchia dei media (globo in testa) e sullo sfondo, con parlamentari eletti e potere di persuasione in quasi tutte le forze politiche, la casta militare, che da Bolsonaro ha avuto un’ampia ed ulteriore serie di vantaggi, prebende e garanzie cui non hanno intenzione di rinunciare.

Certo bisogna considerare che la democrazia brasiliana è di tipo presidenziale più simile a quello americano che a quello italiano e quindi non tutti i provvedimenti del governo devono essere approvati dal Parlamento e il Presidente ha poteri e strumenti per interloquire direttamente con i corpi sociali e i poteri consolidati della società brasiliana e cercare anche fuori dal parlamento consenso e appoggio alla propria iniziativa politica. Un lavoro complesso che Lula ha dovuto svolgere anche nelle sue precedenti presidenze e che comunque lo ha costretto a pagare un prezzo politico in termini di consenso della sua base elettorale storica e successivamente lo ha esposto a imboscate e ricatti che hanno in parte contribuito alla destituzione di Dilma Roussef rendendo possibile la montatura giudiziaria che ha tenuto in carcere Lula, escludendolo dalle precedenti elezioni.

Cayres come molti osservatori internazionali ritiene che l’opposizione dell’amministrazione Biden ad un reinsediamento di Bolsonaro per via golpista, sia stata determinante nell’evitare che il consenso di buona parte delle alte gerarchie militari verso Bolsonaro non si sia tradotto in appoggio esplicito all’assalto golpista dell’8 gennaio. Non volere un fedele alleato di Trump come presidente del Brasile non vuol dire che all’amministrazione Usa non faccia comodo tenere in scacco il governo Lula, puntando ad una destabilizzazione della situazione politica brasiliana che renda Lula più condizionabile sui temi di interesse per gli Stati Uniti.

Se prendiamo in considerazione le principali sfide dell’agenda politica della coalizione che ha portato Lula alla presidenza: questione climatico-ambientale (cioè destino dell’Amazzonia), questione democratica e questione sociale (che include questione indigena e diritti della minoranza nera,  diritti delle donne e diritti civili e del lavoro, lotta alle diseguaglianze e alle povertà, accesso universale all’educazione e alla salute, percorsi di emancipazione e mobilità sociale), vediamo quante e quanto potenti siano le forze che nella società brasiliana si oppongono allo sviluppo di questa agenda. Quanto fragile sia l’equilibrio politico su cui il governo Lula può contare per la sua implementazione.

Vengo quindi alla domanda se Lula esca rafforzato o indebolito dal fallito golpe. L’ipotesi che molti nello schieramento progressista (incluso Cayres) avanzano è che il fallito golpe possa da un lato rafforzare Lula nella sua legittimità democratica e per attuare alcune riforme del sistema politico istituzionale, contando anche sulla sua proiezione di leader progressista in ambito internazionale.

Ma da un altro lato, temono che questa maggiore credibilità e forza sulla questione democratica sarebbe pagata da Lula con la necessità di cedere a compromessi dolorosi sulle altre due questioni, sociale ed ambientale. In particolare ridimensionando di molto l’agenda sociale, in particolare diritti del lavoro e promozione sociale della minoranza nera e delle donne (sarebbe molto interessante approfondire l’analisi sulle pulsioni razziste e machiste che animano il fronte bolsonarista) e non riuscendo davvero a porre un argine alla progressiva erosione della foresta amazzonica e alle sue tragiche conseguenze sulla popolazione indigena e sul cambiamento climatico generale.

Quello che è andato in scena l’8 gennaio a Brasilia non è quindi un altro episodio della spiacevole tradizione dei colpi militari in America Latina, ma la rappresentazione di un conflitto feroce che divide la società brasiliana su temi e questioni essenziali per l’affermazione di valori e principi come difesa delle istituzioni democratiche, diritti sociali e del lavoro, lotta al cambiamento climatico, che sono oggi un terreno di scontro su scala planetaria. In Brasile oggi si confrontano due concezioni del mondo e della società, uno che purtroppo si dipana con la violenza istituzionale e la guerra in tante parti del mondo, dall’Ucraina alla Palestina, dall’Afghanistan all’Iran.  Motivo per cui non è retorico dire che oggi in Brasile si gioca una partita che riguarda anche il nostro futuro.

Ringrazio Joao Cayres per la sua consulenza e segnalo due articoli di Limes per chi volesse approfondire le questioni che qui abbiamo solo accennato:

https://www.limesonline.com/brasile-colpo-di-stato-lula-bolsonaro-bolsonaristi-trump/130699
https://www.limesonline.com/cartaceo/nel-brasile-in-pieno-caos-risuona-il-rumore-di-sciabole