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La dignità ritrovata dei lavoratori Mamoli

  • 13
    2022
    Giu
    8:47 am
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La storica rubinetteria Mamoli è così legata a Lacchiarella che non poteva che trovarsi in Piazza Spartaco Mamoli, in onore di chi l’ha fondata nel 1932. Dopo una gloriosa vita durata più di ottant’anni e dopo diverse ristrutturazioni, l’azienda, sull’orlo del fallimento, viene acquisita e “salvata” da due aziende leader del settore dei rubinetti, Paini e Frankie, che ne comprano però solo il marchio e la produzione e non le mura che vengono solo affittate.

Dal 2016 l’azienda è gestita dal Dott. Marin che più di un dirigente d’azienda è un curatore fallimentare. Marin in tutti gli incontri ricorda ai lavoratori che devono solo ringraziare la nuova direzione che ha “salvato” i loro posti di lavoro. Così la direzione giustificava l’eliminazione dei frutti di una quasi centenaria storia sindacale; così giustificava il ritardo del calendario ferie e il mancato anticipo della cassa integrazione nel periodo Covid. Insomma, in Mamoli tutto sembra dovuto, rassegnazione compresa.

In questo contesto il gruppo Paini decide di trasferire la Mamoli a 140 km di distanza, comunicandolo ai lavoratori con un anno di anticipo e chiedendo loro, ancora una volta, di ringraziare l’azienda di questo: potevano così organizzarsi e trovare una nuova occupazione. A detta del dott. Marin: “Lacchiarella si trova nella zona d’Italia con più offerte di lavoro”.

La comunicazione del trasferimento genera sconforto, ogni incontro con la direzione però fa crescere anche la rabbia. Marin rinfaccia sempre che è solo grazie alla nuova direzione che la Mamoli è ancora in piedi. Spiega ai dipendenti che la Mamoli è un’azienda maledetta, costretta al trasferimento perché il gruppo Paini non è interessato ad acquistare l’area dove sorge l’azienda, anche perché ci sono appetiti immobiliari che fan crescere il suo prezzo. Insomma, il futuro pare segnato.

L’azienda però fattura e chiede ai propri lavoratori di correre e lavorare bene, così la rabbia di lavoratrici e lavoratori cresce. Quando un operaio trova un’altra occupazione, il dott. Marin non solo rinfaccia la scelta, ma addirittura trattiene l’indennità di preavviso. Così non va!

A novembre si tiene il primo sciopero dopo anni di rassegnazione, addirittura si sfila con un piccolo corteo per le vie di Lacchiarella. C’è anche la Sindaca che assicura, si farà carico della ricerca di un altro capannone per la Mamoli. Ci sono i partiti; alcuni dei tantissimi ex lavoratori Mamoli e oltre ai delegati, partecipano al corteo solo altri sette lavoratori. Quasi tutti scioperano, ma lo scetticismo e lo sconforto dilagano.

Dopo lo sciopero, altri mesi di silenzio. La Sindaca ci promette un incontro con la Regione, ma la convocazione non arriva mai. L’azienda non cambia posizione di una virgola e continua a insistere affinché i lavoratori più giovani si adoperino per trovare un’altra occupazione. 

A marzo l’ennesimo incontro con la direzione aziendale preceduto dall’ennesima assemblea durante la quale succede qualcosa. I lavoratori hanno uno scatto d’orgoglio e si discute se scioperare. Si vota all’unanimità, anche i somministrati supportano la battaglia dei diretti pur sapendo che per loro la strada è segnata. Si decide di scioperare, presidiando l’ingresso dell’azienda durante l’incontro con il sindacato: i lavoratori che si fermano sono una ventina, tutta la produzione, un successone!

L’azienda non se lo aspetta, non cambia posizione, ma capisce che lasciare Lacchiarella ha un prezzo anche per lei e avvia una trattativa, che è ancora in corso.

La lotta ha ristabilito la dignità di chi lavora in Mamoli, non tutto è dovuto alla direzione aziendale e anche il dott. Marin ha capito che sradicare definitivamente la Mamoli da Lacchiarella ha un costo.

Scheda

La Mamoli è la storica rubinetteria fondata a Lacchiarella nel 1932.
Ha dato da lavorare a tutta Lacchiarella e non solo: negli anni ’80 aveva superato gli 800 dipendenti.

L’azienda entra però in crisi e dopo diverse ristrutturazioni, attraversa una crisi finanziaria scongiurata nel 2016 dal salvataggio ad opera di Paini e Frankie.
Dei 90 lavoratori vengono acquisiti nella nuova Mamoli solo una trentina, per poi crescere nuovamente fino a 60 addetti, impiegati nel 2019, di cui una quindicina sono lavoratori somministrati.

Paini e Frankie avevano affittato l’area della fabbrica dalla vecchia proprietà, che però fallisce e l’area viene battuta all’asta. È questa la ragione che spinge Paini, che nel frattempo ha rilevato le quote di Frankie, a trasferire l’intera produzione a Castiglione delle Stiviere, nel mantovano, a 140 km di distanza.
Al momento dell’annuncio del trasferimento, i dipendenti diretti erano 33 e i somministrati una dozzina. Oggi, i lavoratori assunti direttamente sono scesi a 27, mentre gli interinali sono rimasti invariati.

Legalmente si tratta di un trasferimento apparentemente genuino, pertanto non esistono armi legali per bloccare la scelta aziendale. Le uniche armi sono quelle sindacali.
L’azienda ha rigettato ogni proposta volta al mantenimento della produzione sul territorio e dopo tre scioperi e altrettante manifestazioni, la trattativa con l’azienda si sta concentrando sulla definizione di un’indennità per i lavoratori interessati.