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Dopo la piazza: la pace come scelta consapevole.

  • 21
    2022
    Nov
    4:27 pm
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Abbiamo condiviso col nostro Sindacato lo schieramento incondizionato a favore della pace, un bel concetto che richiede non solo la manifestazione di piazza per esprimerlo, ma un radicale cambio di vita sulla base di scelte ragionate con estrema profondità.

Soprattutto nelle nostre società occidentali, dovremmo ragionare su quale parte finora abbiamo avuto, anche inconsapevolmente, in tutti i conflitti dopo l’ultima guerra mondiale.
La guerra nasce da una prevaricazione di qualcuno nei confronti dell’altro. Laddove il confronto con le condizioni di vita di altri popoli ci evidenzia una situazione di privilegio, dovremmo chiederci quale diritto possiamo vantare su essa e se non sia alla base di ingiustizia sociale. Come categoria di Lavoratori, questo dovrebbe essere un concetto ben chiaro. Con gli anni ho imparato che ogni vantaggio ha un costo che qualcuno deve sostenere. Prendiamo il conflitto alle porte dell’Europa per fare un esempio: quando giriamo la manopola del gas che facciamo bruciare o pigiamo l’interruttore della corrente, alimentando le nostre necessità e diciamolo, anche le comodità, non alimentiamo anche quel flusso economico che finanzia la guerra di Putin? Dobbiamo renderci conto che quando una Democrazia scende a patti con una Dittatura e favorisce il proprio popolo, contemporaneamente lo può rendere ostaggio di iniquità, a dispetto dell’intenzione. In tempi non sospetti nessuno è sceso in piazza per protestare sugli accordi siglati dal nostro Governo con la Russia per le forniture di gas, ma Putin sapevamo già chi fosse, o no? Come sapevamo chi erano gli Ayatollah, Gheddafi, Saddam, Il Sultano saudita e sappiamo oggi chi è Al-Sisi, con buona pace della famiglia Regeni e di Patrick Zaki. Posso anche sembrare eccessivo, ma chiedo a me stesso se scendere in piazza dopo aver bruciato nell’indifferenza tanti ettolitri di petro-carburanti, molti metri cubi di gas e consumato megawatt di elettricità nella mia vita energivora, sia per me coerente o, altrimenti, come possa io diventare tale dopo averci ragionato. Ho provato disgusto a vedere Erdogan assurgere incredibilmente al ruolo di mediatore per la pace: quale pace? Quella alimentata solo dalla cupidigia per i proventi del patto per la ricostruzione di un altro dittatore genocida? Pur nella convinzione che finché i loro innocenti vengono massacrati, gli ucraini debbano potersi difendere (abbiamo fatto anche noi lo stesso con la nostra Resistenza), non credo di essere solo a provare il disgusto di vivere il ricatto psicologico nel vedere il mio Governo percorrere la strada facile dell’invio di armi, nella consapevolezza che alimentare così l’odio produca altro odio, che come abbiamo visto spesso le armi sfuggono al controllo di chi le impiega e che solo il loro silenzio sia presupposto irrinunciabile alla pace vera. Allora le bollette sono il vero problema? O alla base c’è la colpevole indifferenza nei confronti dei meccanismi che ci spingono a sentirci in diritto di protestare per i costi dell’energia, quando ci siamo turati il naso stringendo la mano insanguinata di tanti farabutti, cedendo alla prospettiva di essere ricattati e agevolare la messa in atto di un piano criminale? Oppure pensiamo che il benessere occidentale possa essere un diritto senza ricadute? Ripeto, ogni privilegio ha dei costi e in questo caso sono la guerra e la crisi climatica, il costo dell’energia forse è trascurabile se confrontato con le bombe o gli uragani e le alluvioni che devastano la vita di qualcun altro. Senza contare che una maggiore responsabilità e propensione a qualche rinuncia di tutti verso l’impiego di energia favorirebbe una pace anche col nostro pianeta, quanto mai auspicabile visto il baratro della crisi climatica.
La Pace è faticosa, comporta sacrificio, rinuncia, ma soprattutto desiderio di fratellanza senza compromessi, prima del proprio tornaconto. Lo ha detto chiaramente Landini dal palco della manifestazione del 5/11 a Roma e noi dobbiamo costringerci a riempire di senso la nostra discesa in piazza, accettandone il prezzo nell’azione di ogni giorno per non fare di quell’evento un’ipocrita fuoco di paglia.