Congresso Fiom: come reagire alla crisi della democrazia

Roberta Turi
Dal 16 al 18 febbraio si è svolto a Padova il Congresso nazionale della Fiom. Come Fiom di Milano abbiamo partecipato con una delegazione eterogenea composta da delegate e delegati sindacali e funzionari e funzionarie.
Siamo partiti con una carovana di automobili alle 8 di mattina e arrivati al Padova Congress alle 10,30. Ci ha accolti una città avvolta nella nebbia: i giorni precedenti erano stati caldi e umidi e questo aveva prodotto una coltre suggestiva che ci ha accompagnati per tutte e tre le giornate.

L’iniziativa si è tenuta pochi giorni dopo le elezioni avvenute in Lombardia e nel Lazio. Un voto che ha registrato un astensionismo record che ha visto, anche in Lombardia, solo il 41,67% degli aventi diritto presentarsi ai seggi. Inevitabilmente il tema della crisi della democrazia ha attraversato tutta la nostra discussione fino alle conclusioni di Michele De Palma, che sabato è stato rieletto con il 97% dei consensi. Maurizio Landini, intervenuto venerdì a conclusione della seconda giornata, ha dichiarato che, in base alle analisi, buona parte delle persone che vivono una condizione di difficoltà e che vorremmo rappresentare, domenica e lunedì scorso non sono andate a votare. Se tante persone ritengono che andare a votare non serva a nulla, è lecito pensare che quelle stesse persone possano ritenere che anche aderire al sindacato e scioperare non produca risultati. La crisi della democrazia coinvolge anche noi, come sindacato. E lo fa nel momento in cui stiamo rischiando di andare verso un conflitto mondiale: la guerra, inoltre, sta ridefinendo gli equilibri geo-politici del mondo.
E a casa nostra che succede?
Il segretario generale della Cgil ha raccontato di aver incontrato due volte il governo Meloni. In entrambi gli incontri è stato evidente che chi ha vinto le elezioni ritiene di poter fare quello che vuole senza mediare con il sindacato generale: per la presidente del Consiglio la Cgil rappresenterebbe interessi “particolari”, quindi è giusto consultarla insieme ad una miriade di associazioni e pseudo-sindacati irrilevanti. In questo modo toglie dignità alla vera rappresentanza sociale, compiendo un atto antidemocratico.

In un contesto in cui la sinistra sta vivendo, ancora una volta, una profonda crisi d’identità, la Cgil deve riprendere un ruolo forte per contrastare chi pensa di mettere in discussione la Carta Costituzionale approfittando della crisi della partecipazione e dell’assenza di una opposizione forte. Insieme alla Costituzione sono a rischio il diritto di associazione e il diritto di sciopero, dobbiamo utilizzare questi strumenti e farli vivere, prima che a qualcuno venga in mente di cancellarli, come stanno provando a fare nel Regno Unito.
Per allargare il consenso alla nostra organizzazione per Landini è necessario cambiare profondamente il nostro modo di discutere e di costruire iniziative sul territorio; dobbiamo prepararci a contrastare chi pensa di attuare l’autonomia regionale differenziata che comporta gravissimi rischi per i diritti delle persone, per l’unità della Repubblica e per lo stesso esercizio democratico.
A partire dal 16 marzo si svolgerà il congresso della Cgil nazionale e Maurizio Landini dovrà essere rieletto per il suo secondo mandato. Lui pretenderà un mandato chiaro: in caso di sua riconferma la confederazione, insieme alle categorie, dovrà decidersi ad affrontare nodi importanti, rinviati fino ad ora. Il numero dei contratti nazionali, ad esempio, andrebbe ridotto: c’è bisogno di un sindacato che riunifichi i lavoratori, le federazioni di categoria odierne non rispondono più alle filiere. E tanto altro.
Il presidente del Consiglio ha dichiarato recentemente che il 2023 sarà l’anno in cui procederà alle riforme di questo paese. E non ha in mente riforme che porteranno vantaggi alle persone che rappresentiamo, anzi. Quindi dobbiamo, in breve tempo, rafforzare il consenso alla Cgil, per prepararci a contrastarlo. Come? Rispondendo ai bisogni delle persone che per vivere hanno bisogno di lavorare con delle iniziative concrete. Rispetto all’emergenza salariale, ad esempio, dobbiamo chiedere in tutte le piattaforme di rinnovo dei contratti aumenti salariali maggiori dello scostamento dell’Ipca, l’indice che recupera una parte dell’inflazione. Stessa cosa per quanto riguarda la precarietà lavorativa, la sanità. Dobbiamo aprire vertenze nelle aziende, sul territorio, coinvolgendo le forze politiche che non sono al governo affinché riprendano contatto con il mondo del lavoro.
Rispetto al tema della guerra il 24 e 25 febbraio, ad un anno dall’inizio del conflitto in Ucraina, la Cgil e la coalizione Europe for Peace organizzeranno delle iniziative cittadine in cui sindacato, Anpi e associazioni impegnate nel sociale chiederanno il cessate il fuoco, il dialogo e i negoziati di pace per costruire un’Europa sicura e pacifica per tutti.
La democrazia deve essere un faro per tutta la Cgil. Il rapporto con le partite iva e il lavoro autonomo è la nostra nuova frontiera. La divisione tra lavoratori c’è, dobbiamo provare, con coraggio, a fare dei passi avanti per determinare una mobilitazione che provi a cambiare questo quadro di frammentazione.
Nell’idea di Michele De Palma, segretario neoeletto della Fiom, dovremmo costruire una mobilitazione insieme a tutto il sindacato, associazioni e movimenti: una “Marcia della dignità” che parta dal Sud e dal Nord, che attraversi città, luoghi di lavoro, fabbriche, scuole, piazze. Dovrebbe rimettere insieme il Nord con il Sud, gli stranieri con gli italiani, i giovani con gli anziani, i lavoratori a tempo indeterminato con i precari, l’ambiente con il lavoro.

Con la delegazione della Fiom di Milano, dopo tre giorni di discussione impegnativa, ma anche di festa, risate e cultura, con la visita alla cappella degli Scrovegni, siamo ripartiti verso Milano.
Tutti i materiali del congresso, incluso il documento politico conclusivo, si trovano al link qui sotto:
https://www.fiom-cgil.it/net/index.php/2023-xxviii-congresso
È stato un buon Congresso: ricco di idee e di contributi interessanti. Siamo tornati a casa con l’orgoglio di appartenere ad una categoria come la Fiom-Cgil.
Ora dobbiamo mettere in pratica quando ascoltato e condiviso: questa è la sfida che ci aspetta.