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Atex: Hikikomori, questo sconosciuto

  • 13
    2022
    Giu
    9:49 am
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Ore 6.00 del mattino, la sveglia suona. A volte con riluttanza ci si alza dal letto; doccia, colazione veloce, lavarsi i denti (…stavo quasi per dimenticarlo) e via, di corsa in fabbrica o in ufficio con auto o mezzi pubblici. Alle 18 si rientra a casa e spesso si racconta in famiglia cosa è accaduto di divertente, stravagante, inusuale o comunque interessante. Da quando sono entrato nel mondo del lavoro, questa è stato nel mio immaginario e nella mia realtà, una tipica routine giornaliera. Da qualche anno però, da molto prima del Covid, le cose sono cambiate. L’azienda, una software house multinazionale, ha abbracciato una logica del contenimento dei costi e da qui la decisione di chiudere prima le sedi periferiche e poi anche quella centrale.

Quella che era la mia routine e che per molti continuano ad essere passi che scandiscono una normale giornata di lavoro, da qualche anno, per me, non lo è più. L’ufficio è una stanza di casa che “rubo” al resto della famiglia che nella migliore delle ipotesi non ne può usufruire per 8 ore al giorno (che poi sono almeno 9, se si considera la pausa pranzo).  Lo scambio di convenevoli con i colleghi avviene attraverso gli strumenti tecnologici (Skype, Meet, Teams) e la famosa pausa caffè con i colleghi, oggetto anche di oramai anacronistiche (per me) serie TV, è diventata la pausa in cucina a discutere con moglie e figli sul perché si bevono troppi caffè o si sporca troppo (e poi, chi pulisce?), ma anche sul figlio che non va a scuola per evitare un brutto voto, magari perché non ha studiato.
“Wow!”, “Fantastico!”, “Beato te!”: ecco i commenti di amici e parenti quando descrivi la realtà lavorativa. “Che fortuna! Non hai vincoli di orario”. E questo è esattamente quello che dice l’amministrazione dell’azienda, riservandosi così la facoltà di chiamare il dipendente a qualsiasi ora e in qualsiasi giorno perché sono “un fortunato” non avendo vincoli di orario. Il vantaggio per l’azienda c’è, ma la qualità della vita?
A parole sembra facile dire “spengo il cellulare”, “spengo il pc e se ne parla domani”, ma nei fatti è complicato e non avere a che fare con i colleghi (non solo di lavoro, ma anche di viaggio per me che viaggiavo in treno) può diventare alienante. Certo, c’è di peggio.

In questo contesto si svolgono da qualche anno gli incontri sindacali. Ci si dà appuntamento su Meet: in alcuni casi si vede l’amministratore dell’azienda e quasi sempre il responsabile dei lavoratori italiani e si scambia qualche parola con i funzionari. Ma è veramente difficile portare avanti richieste sindacali e far comprendere ai colleghi la necessità di avere una rappresentanza sindacale. Si dà tutto per scontato e le conquiste (buoni pasto garantiti anche se si è in smart working; accordi di solidarietà nei momenti di crisi aziendale; rimborso spese per la connessione internet) non vengono valute con il giusto peso, ma come una normale concessione dell’azienda svilendo cosi l’attività sindacale.

Da qualche tempo mi sono trovato a confrontarmi con questa parola giapponese “Hikikomori” …questo ex sconosciuto. Certo non siamo a quei livelli di degenerazione, ma ci stiamo avvicinando (il Covid non ha aiutato!).

Qualcuno potrebbe essere curioso di sapere qual è l’azienda in questione. Si chiama Atex Global Media S.r.l., una software house che si occupa del mondo dell’editoria, nello specifico nella realizzazione di un software per tutto il ciclo produttivo di un giornale: carta, web, archivio. Nel corso degli anni è passata attraverso diverse crisi legate a loro volta a crisi del settore stesso ed stata acquisita prima da un fondo norvegese e ora da un fondo canadese. La sede (eufemismo) amministrativa è a Milano, ma tutti i lavoratori (45 in Italia sparsi tra Milano, Bologna, Roma e Napoli) sono tutti a casa.

Sarà questo il futuro delle aziende?
Non lo so, spero di no. Sarà un mondo di Hikikomori?
Salutare il vicino di casa (per quanto in molti contesti sia di per sé già difficile) sarà una conquista.

La Scheda

Atex è stata fondata negli Stati Uniti nel 1973 con l’idea di creare un sistema di composizione elettronica per riviste e giornali. Il sistema era basato su un paradigma terminal-server con hardware e software proprietari. Molti dei principali quotidiani americani adottarono i sistemi Atex e dalla metà degli anni ’80 anche il mercato europeo ha cominciato ad utilizzare il prodotto editoriale proposto da Atex.

Oggi Atex è parte di Constellation Software, un fornitore globale leader di software e servizi, ma anche un “investitore a vita”. Questo garantisce mezzi economici e finanziari per superare situazioni complicate. Il nuovo sistema editoriale proposto aiuta gli editori a fornire notizie in modo rapido ed efficace e supporta la produzione di alcuni dei più grandi gruppi editoriali del mondo.

La sede amministrativa italiana si trova a Milano e conta 45 dipendenti dislocati a Milano, Roma, Bologna e Napoli. La sede italiana controlla le sedi in Inghilterra, Svezia e Pakistan.